Dossier Agenda 2030/ Gli equilibri del gas (seconda parte) (15)

    Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il target 7: Energia pulita e accessibile.

    Dove transita il gas naturale, quali territori sono interessati dalla costruzione o dal passaggio dei gasdotti fa parte di una questione che, coinvolgendo più Stati, rimane al centro di delicati equilibri internazionali.

    Per proseguire nell’analisi delle relazioni che si sviluppano intorno al gas naturale, una delle risorse più ambite al mondo, ci concentreremo su alcuni dei metanodotti che, costruiti, progettati o in costruzione, vanno ad incidere sulla geopolitica e spesso sono tra le motivazioni che, insieme ad altre, portano alle guerre e ai conflitti.

    Qui il primo dossier a tema:

    Dossier/ Gli equilibri del gas

    Russia: Power of Siberia e Ucraina

    Il gasdotto Power of Siberia è, o meglio sarà a breve, enorme gasdotto lungo complessivamente 4mila km in grado di trasportare fino a 61 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Parte dalle regioni russe di Krasnoyarsk, di Irkutsk e della Yakutia, per raggiungere Khabarovsk. Da qui si collega alla rete che unisce i campi dell’isola di Sakhalin con Vladivostok.

    In questo modo il gasdotto sarà in grado di unificare fra loro le due principali reti di condotte della Russia, quella occidentale e quella orientale. Secondo gli osservatori, il Power of Siberia rappresenta una mossa strategica fondamentale per la Russia, che potrà così decidere come distribuire il loro gas tra l’Europa e la Cina.

    Gli accordi tra Cina e Russia risalgono al 2014, quando la russa Gazprom e la China National Petroleum Corporation (CNPC) firmarono un accordo per la fornitura di 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno alla Cina per trent’anni. Nel settembre 2016, Gazprom e CNPC hanno firmato il contratto per costruire un attraversamento sotto il fiume Amur all’interno della sezione transfrontaliera del gasdotto. La costruzione nel territorio cinese è iniziata nell’aprile 2017 e nel maggio 2017 è stato aperto un checkpoint bidirezionale temporaneo sul confine russo-cinese per fornire accesso illimitato alla zona di confine per le attrezzature e il personale.

    Tra le questioni che riguardano il gas e la Russia resta però quella ucraina visto che la quasi totalità delle esportazioni di gas russo diretto all’Europa Occidentale e ad altre aree passano da lì. Il conflitto tra i due Stati non ha impedito una serie di accordi sul gas e il suo trasporto. Fondamentale in questo senso l’accordo fra Gazprom e Naftogaz, raggiunto durante l’ultimo round di colloqui trilaterali sul gas che si sono svolti a Bruxelles nel settembre 2019, con la mediazione dell’Unione europea, e descritto dal ministro russo dell’Energia, Aleksander Novak “un accordo amichevole, nel quadro del quale speriamo di raggiungere un’intesa vantaggiosa per entrambe le parti”.

    La guerra in Siria e il gas

    Il collegamento tra i gasdotti e la guerra esiste anche in Siria. Il progetto made in Qatar del 2009 denominato Qatar-Turkey Pipeline aveva l’obiettivo di arrivare a rifornire l’Europa e la Turchia.Una rotta per la Turchia passava attraverso l’Arabia Saudita, la Giordania e la Siria, mentre la seconda attraversava l’Arabia Saudita, il Kuwait e l’Iraq.

    La Siria di Assad rifiutò il progetto principalmente perché contrario agli interessi economici dell’alleato russo. Come controproposta nel luglio 2011 Assad si accordò con Iraq e Iran per costruire un gasdotto collegante South Pars in Iran (il più grande giacimento mondiale di gas naturale), alla Siria per arrivare al Mediterraneo. Il progetto prendeva il nome di Islamic pipeline.

    Nei progetti doveva essere il più grande gasdotto del Medio Oriente, capace di trasportare gas dal Sud dell’Iran verso l’Europa. Il gasdotto si doveva sviluppare per oltre 6mila chilometri e attraversare l’Iraq, l’Iran, la Siria e il Libano prima di arrivare all’Europa. Alcuni osservatori hanno in seguito rilevato la coincidenza di come la rivolta in Siria sia esplosa quasi contemporaneamente a questo accordo.

    Chi fa cosa
    Interessi italici

    Anche l’Italia ha notevoli interessi nel settore del gas. Dalla Libia, uno dei teatri di conflitto più caldi e vicini al Paese, l’Italia importa gas naturale tramite il gasdotto Green Stream e tramite il mentre Transmed dall’Algeria.

    L’Italia, inoltre, è percorsa da più 35mila chilometri di grandi metanodotti di trasporto a lunga distanza. Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) è un metanodotto che, con 4,5 miliardi di investimento, porterà in Europa il gas estratto in Azerbaigian dai giacimenti sotto il fondo del mar Caspio. La tubatura attraversa la Georgia, percorre in Turchia le montagne dell’Anatolia, passa i Dardanelli, la Grecia e le montagne dell’Epiro fino alla costa albanese. Il Corridoio Sud assume diversi nomi a seconda del tratto: in quello anatolico si chiama Tanap (Trans Anatolian Pipeline) mentre è Tap il tratto Grecia-Albania-Italia.

    Focus 1
    Il turkish stream

    Con il gasdotto sottomarino noto come Turkish Stream la Turchia intende diventare lo snodo fondamentale tra la Russia, il Medio oriente e l’Europa. Stando alle dichiarazioni del vice direttore del dipartimento per il commercio estero della compagnia energetica russa Gazprom, Dmitrij Khandoga, a margine del Forum internazionale sul gas naturale a San Pietroburgo, le due condotte del gasdotto Turkish Stream saranno pronte entro la fine del 2019.

    Grazie al gasdotto sarà possibile trasportare circa 15,75 miliardi di metri cubi di gas all’anno, per rifornire in primo luogo la Turchia e in un secondo momento i paesi dell’Europa meridionale e sudorientale. L’avvicinamento tra Russia e Turchia gioverebbe, in termini energetici ma non solo, ad entrambi: dal Bosforo e dai Dardanelli, sotto il controllo di Ankara, transita il 38% del petrolio russo.

    Da parte sua, invece, la Turchia è il primo destinatario dell’energia russa diretta in Medio Oriente (esportazioni di petrolio e gas per un valore di 5,1 miliardi di dollari nel 2017). La dipendenza del Paese dal gas russo è stato secondo molti il principale motivo per cui il presidente Erdoğan, nel giugno 2016, ha riallacciato i rapporti con Mosca.

    Focus 2
    Nord Stream 2

    Un gasdotto che rappresenterà una svola nelle relazioni internazionali legate al gas è il Nord Stream 2, il gasdotto offshore, ovvero costruito sul fondale marino, più lungo del mondo. L’opera trasporterà gas naturale dalla costa baltica della Russia fino Greifswald, in Germania e verrà allacciato alla rete di distribuzione dell’Unione Europea. Passerà attraverso il Mar Baltico, nelle acque territoriali di Russia, Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania. Il gasdotto raddoppierà la portata del Nord Stream 1, inaugurato nel 2012, portandola a un totale di 110 miliardi di metri cubi all’anno, più di un quarto del consumo medio annuale di gas dell’Unione Europea.

    A realizzare l’opera sono tre compagnie energetiche europee E.ON (tedesca), OMV (austriaca) e Royal Dutch Shell (anglo-olandese) insieme a Gazprom, la più grande compagnia energetica russa, che è e rimarrà l’unica azionista di Nord Stream 2.

    Fin dalle fasi iniziali dell’accordo con Gazprom, la Polonia, le tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania), la Repubblica Ceca e la Bulgaria, si sono opposte al nuovo gasdotto, perché temono possibili aggressioni russe. Anche gli Stati Uniti sono contrari a Nord Stream 2 e il presidente Donald Trump si sta riservando la possibilità di imporre sanzioni sull’intero progetto per bloccarne la costruzione.

    La questione è ovviamente politica e riguarda, ancora una volta, l’Ucraina, dal momento che questo progetto aggira il Paese. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki nel febbraio del 2018 rilevò infatti una preoccupazione diffusa nell’Est: “Una volta che Nord Stream 2 sarà costruito, Putin potrà fare quello che vuole con l’Ucraina e potenzialmente potrà muovere il suo esercito fino ai confini orientali dell’Unione Europea”.

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