Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il target 8: Lavoro dignitoso e crescita economica.
a cura di Alice Pistolesi
Le morti bianche non sono un fenomeno isolato. Sono moltissime e interessano tutti i Paesi: quelli con economie più deboli ma anche quelli più forti.
In questo dossier analizzeremo alcuni dati forniti dall’Organizzazione internazionale del lavoro e da altri enti e Istituti globali e regionali per avere un quadro sui decessi e sugli infortuni sul lavoro nel mondo e in particolare in Europa.
Qui il precedente dossier sul settore tessile
Di seguito la tabella di Eurostat sul numero di morti bianche (assoluto e standardizzato) in Europa nel 2016.
Qualche dato mondiale
Ogni anno nel mondo circa 2,8 milioni di persone muoiono per infortuni (quasi 400 mila) o malattie connesse al lavoro (circa 2,4 milioni). Altre 160 milioni di persone contraggono malattie professionali seppure non mortali e 313 milioni di persone subiscono infortuni che provocano lesioni gravi e gravissime. E ancora: negli ultimi dodici anni, mediamente 2 milioni di persone ogni anno hanno perso in maniera permanente la capacità di svolgere le normali mansioni di lavoro nella mansione che avevano al momento dell’incidente e in moltissimi casi la lesione ha provocato la perdita totale della capacità lavorativa.
I dati provengono dall’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), che stima anche che il costo di tutto questo è, oltre che umano, anche economico. Il carico economico delle cattive pratiche di sicurezza e salute sul lavoro è stimato infatti al 3,94 per cento del prodotto interno lordo globale ogni anno.
Questi dati e queste storture coinvolgono tutti Continenti: è infatti sbagliato pensare che morti e infortuni avvengano solo o soprattutto nelle aree più povere del Pianeta. Nel rapporto dell’Istituto McKinsey dal titolo ‘The world at work: Jobs, pay, and skills for 3.5 billion people‘ si dice infatti non solo che “le economie avanzate sono state in grado di aumentare la produttività investendo nella tecnologia e sfruttando nuove fonti di manodopera a basso costo”, ma anche che “le economie in via di sviluppo sono i maggiori fornitori mondiali di lavoro di bassa qualità”.
Occhio all’Europa
Anche nei Pesi ricchi, dunque, si continua a morire di lavoro. Negli Stati Uniti sono tra i 26mila e i 72mila i decessi dovuti a malattie professionali secondo il Niosh (Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie) e la cosa non migliora in Europa.
Nel dossier pubblicato nel 2018 da Eurostat si dice che nel 2015 si sono verificati 3.497 infortuni mortali nell’Unione Europea, mentre nel 2016 si sono verificati oltre 2 milioni di infortuni, più che nel 2015. Quasi il 10 per cento dei decessi di tutto il mondo legati alle malattie professionali si registrano in Unione europea e ogni anno 200mila persone muoiono per aver contratto una patologia durante il lavoro. Di questi oltre la metà è dovuta a tumori e un altro 24 per cento a malattie cardiovascolari.
Per proseguire con i numeri in Europa nel 2016 si sono registrati 3.182 incidenti mortali sul lavoro. Il numero più elevato si è registrato in Francia (528) seguita dall’Italia (417) e Germania (384). Se prendiamo in considerazione tassi standardizzati e non assoluti la maglia nera va però al Lussemburgo con 10,8 decessi ogni 100mila lavoratori. Nell’immagine la tabella fornita da Eurostat con le percentuali per ciascuno stato europeo.
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