Dossier Agenda 2030/ La questione grano (29)

    Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il target 2: Sconfiggere la fame.

    a cura di Alice Pistolesi

    La produzione del grano e la sua esportazione è al centro delle questioni geopolitiche mondiali. L’invasione dell’Ucraina, la questione climatica e vari altri fattori strategici incidono sui prezzi e sulla diffusione del cereale che, dopo il mais, è il più diffuso al mondo.

    Negli ultimi anni la produzione mondiale di frumento tenero, destinata all’alimentazione umana, animale o all’utilizzo industriale si è collocata tra 700 e 750Mt (Milioni di tonnellate) e corrisponde a circa il 35% della produzione cerealicola mondiale. La produzione di frumento tenero è destinata essenzialmente, per il 70% circa, all’alimentazione umana e per il 20% circa a quella animale. Diversamente dal mais, l’impiego di frumento tenero per utilizzo nell’Industria energetica risulta ancora marginale.

    *In copertina Photo by Darla Hueske on Unsplash

    L’accordo sul grano

    Per sopperire alla crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina è stato firmato il 22 luglio 2022, dopo due mesi di negoziato un accordo che avrà la durata di 120 giorni e riguarda il grano fermo nei silos dei porti ucraini di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny. I firmatari dei due Paesi in guerra sono stati il ministro della Difesa russo Sergej Shoygu e il ministro delle infrastrutture ucraino Aleksandr Kubrakov. A monitorare il passaggio delle navi e il rispetto dell’accordo, da un centro di coordinamento a Istanbul, sono rappresentanti di Russia, Ucraina, Turchia e delle Nazioni Unite. Tra le condizioni poste per l’intesa c’è quella voluta da Kiev che vieta l’operazione di sminamento del mare. Condizione posta nel timore che la Russia ne potesse approfittare per colpire i porti, Odessa in particolare. Ucraina e Russia si sono poi date garanzia che non vi saranno attacchi alle navi e operazioni militari durante le operazioni di carico e trasporto.

    A meno di 12 ore dall’intesa, però, le forze russe hanno attaccato il porto di Odessa con missili da crociera e il viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko ha dichiarato che l’accordo potrebbe venir meno “se gli ostacoli alle esportazioni agricole della Russia non saranno prontamente rimossi”.Le rotte dai porti di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny convergeranno in un unico tragitto nella rotta verso Istanbul, dove le navi scaricheranno le derrate. Qui le navi dovranno fermarsi, scaricare e poi tornare indietro. Il via libera sarà dato dopo un’ispezione per controllare che non portino armi in Ucraina. A seguito dell’accordo, secondo quanto dichiarato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel saranno ‘liberati’ 22 milioni di tonnellate di cereali.

    Secondo le Nazioni Unite e il Programma alimentare mondiale, il conflitto in Ucraina ha innescato una crisi alimentare che sta spingendo circa 47milioni di persone verso la “fame acuta”. Prima dell’invasione, le spedizioni di grano dall’Ucraina ammontavano a circa 5milioni di tonnellate al mese. Circa il 50% del grano bloccato nei porti ucraini è destinato a progetti del World Food Programme in Africa.

    Prezzi in rialzo e clima avverso

    I prezzi delle commodity energetiche e agricole non dipendono solo dalla guerra in corso tra Russia e Ucraina, anzi sono in rialzo dalla seconda metà del 2020 per una serie di fattori. Da una parte la difficoltà nella ripresa della logistica per sopperire all’intensa ripresa della domanda mondiale nella prima fase post pandemica, dall’altro nel 2021, un significativo incremento dei prezzi delle materie prime energetiche e l’aumento delle richieste di alcune materie prime agricole, con particolare riferimento alla crescente domanda cinese di cereali e soia.

    Un incremento non giustificato però, secondo gli osservatori dalla produzione e stock globali dei principali cereali, che erano invece in crescita. Il conflitto in atto tra Russia e Ucraina si è comunque inserito in questo contesto, determinando un’ulteriore pressione sui mercati internazionali, soprattutto in riferimento a frumento tenero, mais e orzo. La guerra non ha però alcuna relazione diretta con il frumento duro, visto che la produzione e l’esportazione mondiale sono in questo caso influenzate dal Canada, che se nel 2021 ha perso il 60% dei propri raccolti, dovrebbe nel 2022 posizionarsi sui livelli standard di produzione.

    Un grande problema per i raccolti e il relativo prezzo del grano sono gli eventi climatici estremi che interessano tutto il mondo. Coldiretti stima che produzione mondiale di grano per l’annata 2022/23 subirà un calo di 769milioni di tonnellate. Tutto questo mentre la domanda mondiale di grano duro è prevista in crescita a 33,6milioni di tonnellate.

    Siccità, inondazioni e ondate di caldo minacciano la produzione di Stati Uniti, Canada, Francia, India e Cina aggravando la contrazione della produzione in Ucraina. Quasi tutte le principali regioni produttrici hanno dovuto affrontare una minaccia climatica in questo raccolto. L’unica eccezione degna di nota è la zona del Mar Nero, Ucraina e Russia in primis. L’Ucraina si preparava infatti a un raccolto eccezionale ma la guerra ha ridotto la produzione e ci sono preoccupazioni su dove immagazzinare il raccolto poiché le esportazioni arretrate lasciano i silos pieni di grano dell’anno scorso.  Anche la Russia ha visto un clima favorevole e potrebbe invece a raccogliere un raccolto quasi record.

    Chi fa cosa
    Maxi import ed export

    Dai dati del raccolto 2021 la Cina, con circa 137milioni di tonnellate (Mt) è il principale produttore al mondo di grano. Al secondo posto troviamo l’India (110 Mt), la Russia (75 Mt), gli Stati Uniti (46 Mt) e la Francia (38 Mt).

    I principali esportatori sono invece la Russia (34 Mt), gli Stati Uniti (24 Mt), l’Australia (23 Mt), l’Ucraina (23 Mt) e il Canada (17 Mt). L’Unione Europea esporta complessivamente 33Mt circa di grano tenero. I maxi importatori nel 2021 sono stati Turchia, Filippine, Giappone, Indonesia, Unione Europea, Egitto, Cina, Brasile, Bangladesh e Algeria.

    Focus 1

    L’india chiude l’export

    Per proteggere il mercato interno dalla crisi globale del grano il 12 luglio 2022 l’India ha ristretto l’export di tutti i tipi di farine derivate dal grano. La Direzione generale del commercio estero (Dgft) del governo di Delhi ha fatto sapere che gli esportatori dovranno ottenere un’autorizzazione speciale da parte del governo per mantenere la qualità e stabilizzare i prezzi sul mercato nazionale. “Le interruzioni – si legge nel comunicato del Dgft – nelle forniture globali di grano e farine hanno portato alla fluttuazione dei costi e a potenziali problemi sulla qualità”.

    Ma non è la prima volta che l’India ha preso questa decisione perché aveva già vietato l’export lo scorso maggio. Una decisione che, unita all’interruzione delle esportazioni da Russia e Ucraina, aveva contribuito all’aumento globale e aveva suscitato accese critiche verso Delhi. L’india è il secondo più grande produttore di grano al mondo dopo la Cina, ma esporta solo il 2% della sua produzione e usa l’80% per il consumo e lo stoccaggio interno. A causa della siccità e del grande caldo a marzo e aprile 2022 si è avuto un calo del 5% del raccolto.

    Focus 2

    L’International North-South Transport Corridor

    Un passaggio destinato ad essere sempre più strategico per il trasporto di grano e non solo è l”International North-South Transport Corridor (Instc). Si tratta di un corridoio per il trasporto multimodale istituito nel 2000 che attraversa l’Oceano Indiano, il Golfo Persico  e il Mar Caspio attraverso l’Iran ed è collegato a San Pietroburgo e al Nord Europa attraverso la Russia. Nel 2005, l’Azerbaijan ha aderito al progetto, seguito da Bielorussia, Bulgaria, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Oman, Tagikistan, Turchia e Ucraina. Questa infrastruttura consente alla Russia di ridurre il tempo di viaggio delle merci tra la Federazione e l’India, da 40 a 25 giorni perché permette di aggirare il Canale di Suez.

    Con la crisi alimentare in corso a causa della guerra questo corridoio potrebbe, secondo gli osservatori, permettere alla Russia di scaricare il suo grano attraverso l’Iran. In questo modo l’Iran potrebbe diventare un importante crocevia commerciale tra Russia e India. Anche per Dehli questo corridoio rappresenta un’opportunità per estendere la sua influenza in Iran e Afghanistan e nel resto dell’Asia centrale, aggirando il Pakistan.

    Rispetto alla Belt and Road Initiative (la nuova Via della Seta) cinese, l’Insct è ancora nelle sue fasi iniziali di operatività, ma offre un contrasto geostrategico di interessante sviluppo. Entro il 2030, il traffico merci tra i Paesi coinvolti e l’area dell’Asia meridionale e del Golfo Persico potrebbe ammontare a 245.000–501.000 TEU (4,4–9,0 milioni di tonnellate), ovvero circa il 75% del potenziale traffico containerizzato totale. La sua espansione dipende da come vengono migliorate le infrastrutture di trasporto e da quanto è stata raggiunta la digitalizzazione del corridoio internazionale.

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